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sabato 4 maggio 2024
 
 
 
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Khalihenna : IL Polisario è davanti una scelta storica :autonomia nella patria o restare a Tindouf per sempre .

Jeune afrique :Khalihenna  Ould Errachid   Il “signor Sahara” di Mohammed VI  Incarna oggi la soluzione marocchina di autonomia nelle province del Sud ". Dalla colonizzazione spagnola al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, passando per gli anni di piombo del regno di Hassan II, il ritratto di un grande notabile reguibi.  L'uomo che ci riceve intorno ad un bicchiere di tè moro, in una villa del quartiere residenziale di Souissi, a Rabat, ha l'andatura di un ufficiale della Guardia Civil, l'accento un poco roco dei Sahrawi, ispanofoni prima di essere francofoni, la facondia di un narratore di accampamento ed un'agenda segnata all’impronta dell'emergenza.



Di qui al 30 ottobre, Khalihenna Ould Errachid, presidente del Consiglio Reale Consultivo per gli Affari del Sahara (Corcas), dovrà svolgere un compito decisivo. Quello dello statuto di autonomia interna del Sahara occidentale, che il Marocco depositerà davanti al Consiglio di Sicurezza dell'ONU e che conta fortemente di applicare nella scia degli eventi. 
 
   Questo grande notabile di 55 anni è al tempo stesso la carta vincente, il jolly e la soluzione sahrawi di Mohammed VI. Ministro di Hassan II per quindici anni, è riuscito nell’impresa di non immischiarsi nella politica repressiva messa in opera all'epoca nel territorio e di incarnare fino ad oggi questa famosa terza via - né indipendenza né integrazione - che è oramai diventata il progetto ufficiale della monarchia per le sue province del Sud ". Contrariamente alla fraseologia in uso, non ha, egli, mai qualificato come "mercenari" i dirigenti del Fronte Polisario.

“Sono dei fratelli”, dice. “Mi capita di comprendere le ragioni che, fino ad un periodo recente, hanno spinto dei Sahrawi a simpatizzare col Polisario. In vent' anni, hanno sentito ripetere dall'amministrazione e dai media che costavamo cari al Marocco, che eravamo degli assistiti, che vivevamo sotto fleboclisi, che bisognava domarci e che il nostro solo diritto era quello di dire grazie. Mai si dava risalto a ciò che il Sahara ha portato al Marocco: l'unità intorno al trono ed una dimensione geopolitica rinnovata. Questo, Sua Maestà l'ha compreso, grazie a Dio”.  
 
   Il linguaggio, lo si vede, non ha più niente da vedere con quello in vigore sotto il precedente re, quando Driss Basri, l'onnipotente ministro degli Interni, faceva regnare la sua legge di stato d’assedio da Tan-Tan a Dakhla; quando l’antenato del Corcas era solamente un guscio vuoto; e quando la semplice espressione di un'opinione divergente costava al suo autore dieci anni di prigione. “Oggi”, assicura, “si può essere dalla parte del Polisario e lo si può dire, per il referendum e dirlo, per l'indipendenza e dirlo. In breve, ci si può sbagliare e si può vivere nel Sahara senza essere infastidito. Ad una condizione: la non violenza”.  
 
   Per convincere i “dirimpettai” che possono ormai fidarsi del Marocco e che l'autonomia, contrariamente all'indipendenza, non è un'illusione, il Sahrawi di M6 si dice pronto a recarsi nei campi di Tindouf per dibattere pubblicamente con Mohamed Abdelaziz, il capo del Polisario. “Ciò che dirò allora è semplice: i Sahrawi non hanno avvenire in quanto profughi. Devono ritornare a casa loro, a testa alta”.  
 
   A giudicare dalle reazioni dei dirigenti indipendentisti per i quali Khalihenna è un diavolo in abito di seduttore, tanto più pericoloso quando tiene un linguaggio di apertura, una tale prospettiva non è per  l’indomani. “Li inquieto, perché sanno che li conosco bene, che sono del loro sangue ", mormora colui che si candida sempre di più come il futuro presidente dell'autonomia sahrawi. Tutti sanno anche che la storia della mia vita si confonde con quella dei nostri pascoli, dei nostri accampamenti, delle nostre tende e della nostra terra comune..." 
 
   Khalihenna Ould Errachid è nato il 24 novembre 1951 sotto la tenda di un accampamento della tribù dei Reguibat dell'ovest, Reguibat Sahel, non lontano da Laayoune, capitale della colonia spagnola del Rio de Oro e del Seguiet el-Hamra. Suo padre, figura rispettata della comunità reguibie ed ex combattente nell'ultima rivolta delle tribù sahrawi contro l'ordine coloniale, nel 1937, è un allevatore dai molteplici talenti (gli è capitato di dirigere la preghiera e di curare i feriti), che inculca ai suoi bambini lo spirito di “siba”: nessuno deve essere sottomesso ad una legge ingiusta. 
 
   Quando esplose, nel 1957, il sollevamento dell'esercito di liberazione del Sud (ALS), che diventò padrone della quasi totalità del Sahara occidentale all'infuori delle città di Laayoune e di Dakhla, il vecchio è dunque naturalmente dalla parte degli insorti. Nel febbraio 1958, gli eserciti francese e spagnolo scatenano congiuntamente l'operazione Uragano e schiacciano l'ALS. L'accampamento di Khalihenna è bombardato e la comunità si disperde nel deserto. Una sua parte, precisamente la famiglia di Mustapha Sayed el-Ouali, futuro fondatore del Fronte Polisario e vicino cugino degli Ould Errachid, decide di rifugiarsi nel sud del Marocco indipendente. Quella di Khalihenna sceglie di rimanere a Laayoune, sotto dominio spagnolo. Una scelta che non sarà priva di conseguenze. 
 
   Scolarizzato sul tardi, all'età di 9 anni, ma alunno piuttosto dotato, il giovane Khalihenna è individuato rapidamente dall'amministrazione coloniale franchista, desiderosa di promuovere un’elite locale a lei devota. Frequenta la scuola elementare, poi il liceo di Laayoune. Ma l'alunno esemplare è anche, e non lo sarebbe che per tradizione familiare, un nazionalista in erba. Alla fine degli anni ‘60, assiste, appassionato, alle riunioni clandestine che organizzava al domicilio degli Ould Errachid un certo Mohamed Bassiri. Questo giornalista ed attivista di una trentina d’anni è uno dei rarissimi Reguibis ad avere studiato all'estero - al Cairo, a Damasco ed a Rabat. È lui che va a fondare l'embrione di un movimento di resistenza: l'organizzazione segreta. 
 
   Il 17 giugno 1970, Bassiri organizza a Zemla, un quartiere di Laayoune, una grande manifestazione di protesta. Khalihenna è della partita. Ma gli avvenimenti volgono al peggio. Obiettivo di lanci di pietre, i legionari del Tercio aprono il fuoco con la mitragliatrice pesante. Bilancio: una dozzina di Sahrawi uccisi. In quanto a Bassiri, è prelevato dalla polizia, in piena notte, sotto gli occhi di Khalihenna e dei suoi compagni. Nessuno lo rivedrà mai. E nessuno, ancora oggi, sa ciò che ne è stato di quello che tutti i Sahrawi considerano come un martire. 
 
   Sufficientemente traumatizzato, Khalihenna si nasconde a Laayoune. Fermato tre giorni più tardi, è rilasciato velocemente su intervento dei suoi professori spagnoli. Di questo dramma del 17 maggio, acquista la convinzione che lo scontro con l'amministrazione coloniale non conduce da nessuna parte, che è meglio negoziare, ammansire e contare sul tempo. 
 
   Diplomato e borsista, il figlio del vecchio Ould Errachid prende il volo per Madrid, dove si iscrive ad una scuola di ingegneria industriale. Ma i suoi studi nella capitale spagnola non gli fanno dimenticare la politica, ancora meno le tribolazioni di suo cugino el-Ouali con il quale corrisponde regolarmente. Mustapha Sayed el-Ouali non ha lasciato il Marocco, dove segue i suoi studi alla facoltà di diritto di Rabat e milita in seno all'unione nazionale degli studenti del Marocco (Unem), a fianco di altri futuri dirigenti del Polisario, come Mohamed Ould Salek, Mohamed Sidati o Mohamed Lemine Ould Ahmed. Nazionalista e risolutamente di sinistra, il piccolo gruppo di studenti sahrawi del Marocco non è, allora, indipendentista nel senso esatto del termine. Esalta la liberazione del Sahara spagnolo, sollecita per ciò l'aiuto dei partiti e dell'amministrazione del regno, ed alcuni di loro desiderano apertamente il ricongiungimento del territorio al Marocco, una volta compiuta la sua decolonizzazione. 
 
   Ma per Hassan II ed il generale Oufkir, il suo braccio destro, come del resto per la quasi totalità della sinistra marocchina, una tale prospettiva non è una precedenza: è fuori discussione tollerare delle attività antispagnole sul territorio nazionale. Nel marzo 1972, è la rottura. Dei manifestanti sahrawi di cui alcuni brandivano dei cartelli che richiedevano... l'integrazione del Sahara occidentale in Marocco, venivano dispersi violentemente dalla polizia nella borgata di Tan-Tan. I sobillatori sono fermati, torturati, poi rilasciati. Tra di essi, el-Ouali, suo fratello Bachir Mustapha Sayed, Mohamed Sidati e due studenti in medicina della facoltà di Rabat che avranno un destino opposto: Maalaïnine Benkhalihenna, futuro governatore di Larache ed attuale segretario generale del Corcas, e.... Mohamed Abdelaziz. 
 
   Reguibat Fokra (dell'est), nato a Marrakech e figlio di un militare delle Forze Armate Reali, colui che diventerà dopo la morte di el-Ouali il padrone del Fronte Polisario – alle sorti del quale, dopo trent' anni, presiede tuttora - conobbe allora il suo battesimo del fuoco. “È la repressione di Tan-Tan che è stata all'origine della creazione del Polisario”, dice oggi Khalihenna Ould Errachid. “Se lo stato marocchino avesse saputo ascoltare ciò che dicevano i manifestanti, il Fronte non sarebbe mai esistito”.  
 
   Una sera di dicembre 1972, Khalihenna riceve nella sua camera di studente, a Madrid, un emissario che reca una lunga lettera di suo cugino el-Ouali. Quest’ultimo gli annuncia la creazione prossima di un movimento di liberazione del Sahara spagnolo e l'invita ad unirsi a lui. Obiettivo: l'indipendenza. Mezzo: la lotta armata. Poiché il Marocco si rifiuta di servire da base d’appoggio, “agiremo a partire dalla Mauritania e dall'Algeria ", spiega el-Ouali.    
           
   Khalihenna confida la sua risposta all'emissario: non se ne parla di ricorrere alla violenza e non se ne parla di condurre il combattimento a partire da un paese vicino. È senza di lui, dunque, che, il 10 maggio 1973 dal versante di Zouérate, in Mauritania, è fondato il Fronte Polisario. Ma è con lui che l'amministrazione spagnola, desiderosa di avviare la sua colonia sulla via di un'indipendenza controllata, crea, un anno più tardi, il Partito di unione nazionale sahrawi (Puns). 
 
   In tutto come il Polisario, ma con un tono nettamente più conciliante nei confronti della Spagna che, del resto, lo finanzia quasi apertamente, il Puns è un partito indipendentista ostile ad ogni rivendicazione straniera sul territorio. “Concessione puramente tattica”, spiega oggi Khalihenna. “Era necessario mostrarsi come tali, se volevamo esistere: gli spagnoli non lasciavano scelta”. Per il momento, colui che, un anno più tardi, annuncerà spettacolarmente la sua reintegrazione al regno, si profonde in dichiarazioni ostili all’” espansionismo marocchino”. Ha 23 anni ed il governatore franchista di Laayoune non smette di sussurrargli all'orecchio che il suo avvenire di presidente del futuro Stato Sahrawi è già scritto. “Ero giovane e devo riconoscere che era allettante ", confida. 
 
   Appena promosso alla testa del Puns, Khalihenna si reca in Mauritania a bordo di un vecchio Land Rover per incontrare suo cugino el-Ouali. Si augura di convincerlo della giustezza della sua scelta strategica, poiché lo scopo perseguito - l'indipendenza – è loro comune. I due uomini si vedono in due riprese, nel settembre e nel dicembre 1974, a Nouakchott, nel salone di un ricco commerciante del posto, Fetten Ould Reguibi, e davanti a parecchie decine di notabili. Tra Khalihenna che analizza in termini puramente nazionalisti ("i Sahrawi di allora") e Mustapha Sayed el-Ouali che parla di rivoluzione su scala magrebina e rievoca i suoi colloqui con Mouammar Kaddafi e Houari Boumedienne, non c’è più intesa. Al termine del loro ultimo incontro, el-Ouali dice al suo giovane cugino: “Se non ti faccio segno fra un mese, considera che abbiamo rotto”. Non si rivedranno più. 
 
   Di ritorno a Laayoune, Khalihenna tenta di impiantare il PUNS su tutto il territorio, con l'aiuto dell'amministrazione spagnola. Ma l'innesto non prende, mentre il Polisario accresce senza tregua il suo ascendente. Il giovane capo del Puns entra allora segretamente in contatto con le autorità marocchine. “Per convinzione, perché mio padre mi sempre aveva inculcato la realtà dei legami tra le tribù sahrawi ed il trono sceriffano”, assicura. “Per semplice opportunismo politico, perché si è reso conto che le sue ambizioni personali non avevano nessuna possibilità di arrivare allo scopo", ribattono i suoi avversari. 
 
   Nel marzo 1975, mentre si trova in giro in Europa e nel Vicino Oriente per spiegare gli obiettivi del suo partito, i servizi di informazione spagnoli che lo sospettano di fare doppio gioco, acquisiscono la convinzione che si è intrattenuto al telefono, da Parigi, con Hassan II in persona - cosa che è esatta. Il 18 giugno 1975, in piena visita di una delegazione dell'ONU nel Sahara - durante la quale il Polisario conduce con successo una dimostrazione di forza a scapito del Puns -, Khalihenna prende la decisione della sua vita: senza avvertire i suoi compagni di partito, lascia Laayoune per Madrid, Ginevra, poi Parigi, dove il re manda un aereo cercarlo. Il 19, è a Fès, dove pronuncia la sua “beiaa” (atto di vassallaggio) davanti a Hassan II, prima di qualificare il Polisario come “organizzazione comunista”. “Era il linguaggio dell'epoca”, spiega oggi come per scusarsi. “La realtà è che, all'epoca della mia udienza con Sua Maestà, lo stesso giorno, in presenza del consigliere Ahmed Bensouda e del generale Ahmed Dlimi, ho detto a Hassan II che la sola soluzione percorribile per il Sahara era l'autonomia. In seguito non ho mai cambiato parere”.  
 
   1975-1980: il Marocco s’installa nelle sue “province recuperate”, in mezzo a ciò che resta della popolazione sahrawi - quella che il Fronte Polisario non è riuscito a portare con sé in Algeria. Khalihenna si imbarca nella Marcia verde, riguadagna Laayoune nel dicembre 1975, partecipa alla creazione di un embrione di amministrazione mentre i katibas del Fronte assediano le città, poi, l’11 aprile 1977, integra il governo in quanto Segretario di Stato agli Affari del Sahara. Ha 28 anni, cosa che fa di lui, ritiene, il più giovane membro di un governo marocchino dall'indipendenza. Anche se colui che i dirigenti del Polisario chiamano il “Sahrawi di servizio” ha beneficiato probabilmente di una certa "discriminazione positiva ", l'interessato è  non poco fiero di questa distinzione. 
 
   Velocemente nominato ministro, poi eletto deputato-sindaco di Laayoune, il Reguibi di Sua Maestà si scontra presto contro l'onnipotenza del Ministro degli Interni. “Non conoscevo niente delle lotte intestine né dei rapporti di forza in Marocco”, spiega. “Allora, contro Basri, avevo poche probabilità di prevalere”. Resisterà dieci anni, fino al suo siluramento, nel 1992. “Ero in guerra totale contro Basri”, dice oggi. “Voleva appropriarsi del Sahara per condurre la sua propria politica. Era il suo feudo, il suo dominio, la sua fortezza. Per i Sahrawi, fu il tempo del disprezzo e della menzogna. Da Laayoune a Dakhla, Basri era il re. Tutti venivano a fargli vassallaggio. Salvo me, mai.”  
 
   Khalihenna assicura di essere intervenuto presso Hassan II in quattro riprese, durante gli anni ‘80, per far liberare i detenuti sahrawi del penitenziario di Kalaat Ngouna - erano circa trecento, incarcerati in condizioni infami a causa delle loro simpatie per il Polisario. Ogni volta, il re mi ha detto sì. E poi, Basri riportava le cose a come erano prima, affinché niente si muovesse. Idem per il progetto di autonomia del territorio che il grande visir avrebbe, a crederlo, “sabotato sistematicamente”. 
 
   Alla fine degli anni 1990, mentre Khalihenna è praticamente un deputato-sindaco di Laayoune senza potere, la situazione nel Sahara occidentale è al limite dell'implosione. Tribù contro tribù, Sahrawi contro "coloni" venuti dal Nord, onnipresenza della polizia: il territorio è sotto stato di assedio. Il divario tra le popolazioni locali ed il potere centrale è profondo. La pressione e la saturazione sono tali che, il 23 luglio 1999, la morte di Hassan II scatena la tempesta. Tra settembre e ottobre, è una vera intifada spontanea che spazza le città sotto amministrazione marocchina. Tutti, a cominciare dal Polisario, che non c’entra per niente, sono sorpresi dall'ampiezza della contestazione. Gli insorti rigettano in blocco il “sistema Basri”. Un inizio di guerra civile tra Sahrawi e residenti marocchini venuti dal Nord è evitato per poco. Khalihenna tiene una quarantina di riunioni in quindici giorni, nel corso delle quali denuncia apertamente il ministro degli Interni. Ma bisognerà aspettare il siluramento di quest’ultimo, il 9 novembre, affinché la calma ritorni. “Agli occhi dei Sahrawi, la partenza di Basri è stata vissuta come una liberazione”, spiega Khalihenna. “Sua Maestà ha preso tutti i provvedimenti del caso: il Marocco era a due passi dal perdere il suo Sahara.”  
 
   Tutto cambia, dunque, con l'entrata in scena di Mohammed VI. Le bocche si spalancano, l'amministrazione subisce un completo ricambio ed il Sahara rivisita il suo passato di piombo. Attraverso l'Istanza Equità e Riconciliazione (IER), le cui sedute pubbliche sono molto seguite, ma anche grazie alle ONG che fioriscono un po' dovunque, ad internet ed ai telefoni cellulari che permettono di comunicare con i fratelli dei campi di Tindouf, il Sahara marocchino vive la sua prima Primavera”. Ma c'è il rovescio della medaglia. Se l'ordine vecchio sparisce poco a poco, il regno è in difficoltà sul progetto per l’avvenire delle sue “province del Sud”. Risultato: le idee indipendentiste si riversano nel vuoto lasciato dalla "debasritation" del territorio. 
 
   Volantini e bandiere del Polisario fanno la loro comparsa, cellule di giovani radicali si organizzano in collegamento più o meno diretto con i campi di Tindouf. Nel maggio 2005, un pugno di attivisti apertamente favorevoli all'indipendenza organizza delle sommosse a Laayoune, nel corso dalle quali la bandiera marocchina è bruciata. La repressione è energica. Per Mohammed VI, è un segnale d’allarme: occorre urgentemente offrire ai Sahrawi un'alternativa politica – la quale non potrebbe essere che l'autonomia - ed un organo rappresentativo incaricato di elaborarne la forma e le basi. Sarà il Corcas, il Consiglio Reale Consultivo per gli Affari del Sahara, creato il 25 marzo scorso. 
 
   Per presiedere questa istanza di cento quarantuno membri provenienti da tutte le componenti del società sahrawi, il nome di Khalihenna Ould Errachid si impone subito. L'uomo non riscuote, certo, esattamente l'unanimità dei consensi: il suo percorso talvolta sinuoso, la fortuna che gli si attribuisce, il suo "dominio" su Laayoune sono alcuni dei rimproveri mossigli. Egli se ne difende, con vigore: “Non sono un uomo d’affari, non ho né la licenza di pesca né una miniera di sabbia, come alcuni. Certo, mio fratello, che è deputato di Laayoune, è un operatore economico, ma è lontano dall’essere l'uomo più ricco del Sahara. Tutte queste, sono delle menzogne diffuse dall'epoca Basri”. Finanziariamente molto agiato, Khalihenna non si sarebbe, a sentirlo, mai dedicato al “buisness”. Bisogna rendergliene atto. Ma l'importante non è questo. L'uomo è un grande notabile, nato da una “grande tenda” della più importante tribù sahrawi. Soprattutto, incarna da trent'anni il progetto di autonomia che è oggi la soluzione marocchina al rompicapo del Sahara occidentale. Tante ragioni che lo rendono insostituibile. 
 
Del resto, quando si insiste un poco, Khalihenna Ould Errachid non si fa affatto pregare per immaginarsi in futuro presidente della regione autonoma del Sahara - una larga autonomia di tipo catalano che non lascerebbe al potere centrale che la difesa nazionale, gli affari esteri e la moneta. Le cose ritornano al posto giusto, deve pensare nel suo intimo colui che gli spagnoli avevano designato, quando aveva 25 anni, a diventare capo di Stato...   
 
* El-Ouali è morto in combattimento in Mauritania nel giugno 1976. 
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Jeune Afrique intervista:  
Quale autonomia? E con chi? Il presidente del Consiglio Reale Consultivo per gli Affari del Sahara (Corcas) risponde a Jeune Afrique. 

Jeune Afrique: Perché siete ostili ad un referendum di autodeterminazione nel Sahara occidentale? 
Khalihenna Ould Errachid: Perché bisognerebbe organizzarne uno non solo nel Sahara marocchino, ma anche in Algeria, in Mauritania ed in Mali, dovunque dove vivono le tribù sahrawi. Siamo un poco come i curdi, viviamo a cavallo di quattro paesi. Oppure, che allora si spostano le frontiere della regione per creare un Sahrawiland che vada da Tan-Tan a Tindouf e da Zouérate a Taoudenni. 

Come considerate i militanti del Fronte Polisario? 
Come fratelli, come cugini. Sono delle persone che rispetto, degli autentici Sahrawi. Le ragioni per le quali il Polisario è stato fondato sono largamente dovute al comportamento dell'amministrazione marocchina dell'epoca. Erano comprensibili e sinceri, dunque. Adesso, il Polisario si trova di fronte ad una scelta storica: o il ritorno nel paese nel quadro di una vera autonomia, o l'eternità nei campi di Tindouf. 

Potreste governare con Mohamed Abdelaziz, il presidente del RASD? 
Assolutamente, Abdelaziz ha un posto che l’aspetta qui. Suo padre è membro del Corcas, i suoi fratelli vivono a Laayoune, egli stesso è nato a Marrakech. Che presieda l'autonomia, perché no? Deve rendersi conto che questo progetto è il massimo che i Sahrawi possono ottenere. 

Quale autonomia? 
Ci stiamo lavorando, ma posso dirvi che sarà specifica del Sahara, questo vuol dire che non può essere trasportata al resto del Marocco. I Sahrawi prenderanno loro stessi in carico gli affari politici, economici, sociali e culturali, sempre mantenendo il legame, il cordone ombelicale che ci ha sempre legato al trono. 
Non dimenticate che, da noi, l'attaccamento al re ha trasceso da sempre - e, in realtà, superato - l'attaccamento alla legge, ovvero all'amministrazione. 

L'Algeria è un ostacolo? 
Alcuni lo affermano, ma non riesco a crederlo. Quando l'Algeria dice che non è parte pregnante nel conflitto, le credo. Quando dice che non ha niente da rivendicare e niente da accordare, sottoscrivo. La ringrazio di essersi presa cura dei nostri fratelli dei campi durante tutti questi anni. Tocca a noi, oggi, di aiutare il nostro grande vicino a risolvere per il meglio questo problema, con tutta la dignità richiesta. 

Vale a dire? 
Occorre che i Sahrawi che vivono nei campi di profughi ritornino alle loro case, convinti che tutte le loro rivendicazioni legittime siano state soddisfatte. Tutte, salvo una: l'indipendenza. Né indipendenza sotto tutela straniera, né integrazione pura e semplice al Marocco, ma una larga autonomia nel quadro di un progetto democratico moderno. Non c'è altra soluzione.  

 

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